Venezia, seconda metà del XVIII secolo
Il '700 è il secolo dell'eleganza, degli intellettuali, degli scambi continui tra l'Italia, la Francia e l'Austria. La vita, specie quella delle classi nobili e aristocratiche si fa frivola, rumorosa e festaiola. Venezia celebra le splendide raffinatezze del suo secolo d'oro, (la fine della gloriosa Repubblica è del 1797) e passa allegramente da una festa ad una rappresentazione teatrale, da un banchetto ad un carnevale. Nascono i caffè come luoghi di incontri culturali e dilaga la moda dei "casini", graziosi appartamenti scelti nei pressi di piazza San Marco e dei teatri, luoghi di gioco e divertimento.
In questo periodo i merletti più importanti sono quelli a PUNTO BURANO, PUNTO VENEZIA PIATTO.
Siamo in un interno di ridotto veneziano, dove si gioca a carte, si conversa, si sorseggiano bevande e si hanno avventure galanti. È d'obbligo presentarsi in maschera, sia per gli uomini, che per le donne: con la larva (maschera facciale), prima nera e poi bianca a coprire metà del viso, la bauta di merletto (BLONDA) in seta nera che copre la testa, petto e spalle, il tabarro (mantello) di seta nera e il tricorno.
La prima coppia è accanto alla porta aperta: l'uomo accoglie la misteriosa dama in bianco, porgendole un prezioso ventaglio semichiuso e fissandola intensamente negli occhi. Con un vistoso ventaglio francese – pegno d'amore – si fa parzialmente schermo la seconda dama, mentre bisbiglia qualcosa ad un uomo, appoggiato ad un bastone da passeggio.
In questo periodo i merletti più importanti sono quelli a PUNTO BURANO, PUNTO VENEZIA PIATTO.
Siamo in un interno di ridotto veneziano, dove si gioca a carte, si conversa, si sorseggiano bevande e si hanno avventure galanti. È d'obbligo presentarsi in maschera, sia per gli uomini, che per le donne: con la larva (maschera facciale), prima nera e poi bianca a coprire metà del viso, la bauta di merletto (BLONDA) in seta nera che copre la testa, petto e spalle, il tabarro (mantello) di seta nera e il tricorno.
La prima coppia è accanto alla porta aperta: l'uomo accoglie la misteriosa dama in bianco, porgendole un prezioso ventaglio semichiuso e fissandola intensamente negli occhi. Con un vistoso ventaglio francese – pegno d'amore – si fa parzialmente schermo la seconda dama, mentre bisbiglia qualcosa ad un uomo, appoggiato ad un bastone da passeggio.
- Il Blonda è un merletto a fuselli a fili continui prodotto fin dal XVII secolo nel colore naturale della seta (da cui il nome), o tinto di nero, in sete policrome e in fili metallici. Non è un merletto dispendioso, a meno che sia realizzato con fili d'oro e d'argento. A Venezia si usava molto il Blonda di seta nera per le baute, indossate da uomini e donne; anche la Spagna ne fa molto uso per la realizzazione delle mantiglie, in voga già nel XVII secolo. (Cfr. A. Kraatz, Merletti, Milano, 1988, p.95).
- È documentato come nel 1787 l'interesse verso i merletti ad ago di Alençon e Argentan fosse venuto meno a tutto vantaggio del merletto Blonda. Secondo il parere della Duchessa d'Abrantès, il Blonda, come del resto tutti i pizzi a fuselli leggeri e trasparenti, veniva indossato nella stagione estiva, mentre quelli ad ago erano adatti per la stagione invernale. Si apprende che durante gli ultimi anni di regno, la regina Maria Antonietta indossasse una notevole quantità di questo merletto. (Cfr. M. Jourdain, Old Lace, a Handbook for Collectors, Londra, 1908, pp.105-106).
- I pavoneggiamenti, le smorfie, le frivolezze, i sorrisi distratti, i morsi alle labbra, accompagnati con grazia ed abilità dai movimenti del ventaglio, erano gli atti di una seducente commedia del corpo che la donna del Settecento recitava superbamente. Appoggiato alle gote, sul seno, portato agli occhi, aperto, chiuso, rigirato, il ventaglio annunciava la collera, il piacere, il timore, la trepidazione, in una sorta di linguaggio inventato anch'esso per gioco. (Cfr. A. Cantagallo, Sua maestà il ventaglio, Foligno, 1993, pp.111-114).
- Madame de Staël a proposito del ventaglio affermava: "Ci sono molte maniere di servirsi di questo prezioso gingillo. Un suo movimento fa distinguere la principessa dalla contessa, la marchesa dalla popolana." Inoltre, accanto al linguaggio espresso dai movimenti, va ricordato il codice simbolico dei colori e dei soggetti, soprattutto quelli floreali. Ad esempio, il fiore dell'aconico esprimeva "amor platonico", la giunchiglia "desiderio intenso", la plassifora "pazienza", la viola del pensiero "penso sempre a te". (Cfr. A. Cantagallo, Sua maestà il ventaglio, Foligno, 1993, p.113).
- Si può affermare a buon diritto che per circa metà dell'anno i veneziani andavano in giro mascherati. Tale usanza era ammessa non solo durante il famoso Carnevale, ma anche per altre occasioni: la fiera della Sensa, (giorno dell'Ascensione di Cristo), le elezioni dei Dogi, le nozze dei figli dei Dogi, ecc. Durante il Carnevale, uomini e donne mascherati affollavano i teatri e le dame, per potervi accedere, dovevano obbligatoriamente indossare la bauta. Gli altri luoghi frequentati dalle maschere erano i ridotti - luoghi di ritrovo concentrati almeno inizialmente nelle abitazioni private, nei pressi dei teatri - e nei caffè, aperti durante il Carnevale sia di giorno che di notte. (Cfr. L. Urban, Carnevale a Venezia Maschere e Costumi, Italia).
- Carlo Goldoni, che tra commedie e Memorie tra il 1736 e il 1787, ci ha lasciato uno degli affreschi più completi della vita quotidiana a Venezia (soprattutto, ma non solo), raccontando molto anche di moda, tanto da essere definito "cronista mondano", parlava anche di merletti. Ne Il bugiardo, per esempio, scritta nel 1750, racconta che Lelio commissionò a Brighella l'acquisto di "quaranta braccia di bionda, (atto I, scena XII) per il suo mascheramento. Poiché a Venezia il brazzo da seta corrispondeva a 63,7-8 cm circa, si trattava di 25,48 metri di un merletto bello, ma di non eccezionale esecuzione e di costo contenuto. Brighella (Atto III, scena ultima) disse di aver pagato "dieci zecchini" al merciaio dell'"Insegna del Gatto"; dato che uno zecchino veneziano corrispondeva a 4 grammi d'oro, raffrontato con il valore attuale di un grammo d'oro che è di circa 25 euro, 10 zecchini sono dunque 40 grammi d'oro, corrispondenti oggi a 1,000 euro. (Cfr. D. Davanzo Poli, Schegge goldoniane di moda, in "quaderno 6", Venezia, 1994).
- Ne L'adulatore, del 1750 che si svolge a Napoli, nel dialogo tra Elvira e Luigi (Atto I, scena XV) si viene a conoscenza che 20 braccia (circa 13 metri) di un non meglio definito "pizzo alla moda" viene a costare 4 zecchini al braccio, per un totale di 80 zecchini, corrispondenti (secondo il confronto sopra citato) a 8,000 euro attuali. (Cfr. D. Davanzo Poli, Schegge goldoniane di moda, in "quaderno 6", Venezia, 1994).
- All'incirca alla metà del secolo XVIII, Giovanni Grevembroch scriveva e disegnava per il nobile Grimani, quattro tomi intitolati: Gli abiti de Veneziani di quasi ogni età (intendendo con il termine età, il concetto di epoca), che possono essere considerati una specie di dizionario di personaggi e mestieri. Per quanto riguarda le "Buranelle", attesta che, se un tempo erano celebri per la loro "tanta abilità […] nell'arte del Punto in Aere, uscendo dalle loro mani quelle incomparabili e costose Fatture, che tanto erano grate alle Nobili Spose et Matrone Veneziane", esercitando "anche la tessitura di merli d'oro e di argento", in quegli anni di decadenza dell'arte, erano costrette "per procacciarsi il modo di vivere" di farsi traghettare "ogni giorno a Venezia per raccogliere elemosine o esibire la Persona a stentati serviggi". La testimonianza documenta con evidenza la scomparsa dei merletti dal mercato della moda. (Cfr. G. Grevembroch, Gli abiti de Veneziani…, sec. XVIII, t. III, ff. 103v-104r, Venezia, Museo Correr).